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L’Amarone de Il Monte Caro: potere alle uve quando il contenitore non conta

L’Amarone de Il Monte Caro: potere alle uve quando il contenitore non conta

Fresco, complesso, genuino, di tradizione, gastronomico. Questi gli aggettivi con i quali Emanuela de Il Monte Caro descrive il suo Amarone.

Siamo in Valpolicella, a Mezzane di Sotto, su un colle – dai 150 ai 300 metri di altitudine – che in passato era molto frequentato per la cura di malattie croniche polmonari grazie ai poteri benefici dell’aria che vi si respira.

Qui i “Valpo Brothers” Emanuela e Giorgio Marcolini hanno continuato l’attività intrapresa dal padre 34 anni fa, producendo vini che rispecchino il territorio e i vitigni autoctoni, senza alcun utilizzo di prodotti di sintesi né in campagna né in cantina.

“Per noi fratelli, così per i nostri genitori prima di noi, la scelta di vivere e lavorare su questo monte è stata un atto istintivo di amore per il luogo. La spontaneità di questo gesto proviamo a raccontarla ogni anno attraverso i nostri vini” ci spiega Giorgio.

Emanuela, parlaci del vostro Amarone!

Tutto è nato dalla volontà di creare un vino che parlasse del carattere del monte, e che rispecchiasse la nostra personalità. Dunque, pur pensando a struttura, complessità e calore, abbiamo cercato di raggiungere un certo grado di freschezza e disinvoltura. Ci teniamo inoltre a rispettare la tradizione del luogo da dove veniamo, così come la genuinità, principio alla base di tutte le nostre scelte aziendali e familiari.

Il risultato è un Amarone fatto usando solo uve autoctone – Corvina, Corvinone e Rondinella – con una particolare attenzione al loro appassimento. È proprio la tecnica dell’appassimento in cassetta che caratterizza questo grande vino: uno dei rari passiti secchi da uve a bacca rossa esistenti.

Giorgio, l’appassimento è un procedimento molto delicato, voi come lo affrontate?

Le nostre uve riposano per 3 mesi sdraiate su cassette all’interno di una stanza con ventilazione naturale. Infatti non usiamo ventilatori né deumidificatori. 

Per poter far questo, l’uva che selezioniamo dev’essere perfettamente sana e appassire lentamente per far sì che tutti i processi enzimatici all’interno degli acini si completino. Per avere un’uva perfettamente sana lavoriamo tutto l’anno in vigneto per garantire una resa non troppo abbondante, e con una vegetazione che permetta la circolazione dell’aria e la luce di qualche raggio di sole. Non usiamo prodotti di sintesi e stiamo introducendo l’uso della microbiologia al fine di ricercare il perfetto equilibrio della pianta, utilizzando sempre meno i “medicinali” rame e zolfo.

La fermentazione spontanea è molto complessa nel caso dell’Amarone, e quindi dobbiamo fare in modo che gli acini conservino tutti gli elementi necessari per una corretta fermentazione.

Emanuela, avete preso una strada radicale per l’affinamento del vostro Amarone, ce la racconteresti?

La nostra priorità è sempre stata presentare un Amarone il più integro possibile. L’affinamento del nostro Amarone poteva essere di qualunque tipo, l’importante era non modificare le caratteristiche del vino con affinamenti impropri o utilizzando contenitori fortemente “marcanti”. Volevamo evidenziare quella tipicità che hai solo se il prodotto è trattato in diretto rapporto con il territorio.

L’idea di presentare un Amarone il più integro possibile è stata sicuramente audace, e anche l’incontro – casuale o fatale – con Meteri, che ci ha spinti a crederci fino in fondo, ci ha fatto prendere coraggio.

E il pubblico come ha reagito?

C’è stata una netta divisione: da un lato l’elogio e l’entusiasmo di chi non vedeva l’ora di riscoprire la bevibilità di questo grande vino, e di poterlo nuovamente abbinare alla gastronomia locale; dall’altra lo scetticismo – e talvolta contrarietà – da parte di chi non era pronto a ricevere delle nuove interpretazioni.

Curiosamente, lo scetticismo deriva dal fatto che questo vino si presenta “facile” da bere, ma noi crediamo che una buona beva non sia assolutamente un difetto, anzi.

Annata dopo annata ci evolviamo, e raccontiamo delle complessità diverse, dei sentori e profondità che ci sono, ma da riscoprire più sulla territorialità che sulle morbidezze.

Sono proprio i vini come quelli de Il Monte Caro che rispecchiano i principi in cui crediamo noi di Meteri: crediamo nei luoghi vocati e nei vitigni autoctoni, e ci piace che i vini non prendano sapore e profumo dal contenitore.

I Vini de Il Monte Caro

Tutti i vini de Il Monte Caro sono fermentati spontaneamente ed usano solo uve autoctone.

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By |2020-01-27T09:50:51+01:00gennaio 26th, 2020|Interviste|0 Commenti

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